La provincia di Trapani, con i circa 67.000 ettari di terreno coltivati a vigneto, ha la maggior superficie coltivata a vite per singola provincia d'Italia[5] cui consegue una produzione di 4-5 milioni di ettolitri di vino annui. Lo sviluppo della vite è favorito dalle caratteristiche naturali del terreno, dal clima caldo-umido e dalle scarse piogge. I vigneti tipici della zona sono delle varietà Grillo, Catarratto, Inzolia, Zibibbo, Trebbiano, Nero d'Avola e producono vini di grande pregio apprezzati in tutto il mondo di cui alcuni sono riconosciuti a denominazione di origine controllata. Da ricordare il Marsala nelle sue molti varianti ed aromatizzazioni, il Moscato e il Passito di Pantelleria, l'Alcamo bianco (1999), bianco prodotti nelle innumerevoli aziende vitivinicole della zona. Di grande rilevanza i vini dolci e da dessert di buona gradazione. La provincia di Trapani attualmente ha sei tipologie di vini DOC: il Marsala (1969), il Delia Nivolelli (1998), il Bianco d'Alcamo (1999), il Moscato di Pantelleria (2000), l'Erice (2004) e il Salaparuta (2006). I Fenici portarono i vini trapanesi in tutte le città costiere del Mediterraneo, facendone uno dei prodotti più importanti degli scambi commerciali dell'epoca. Gli investimenti degli inglesi tra cui gli Ingham, i Woodhouse e i Whitaker nel periodo napoleonico e nei decenni successivi favorirono il sorgere della grande industria enologica di Marsala e delle altre aree del trapanese. Le aree interessate alla coltivazione dell' olivo ricadono nella Valle del Belice con i territori di Castelvetrano, Partanna e Campobello di Mazara e la Valle di Erice. La cultivar diffusa nella zona del Belice è la Nocellara ma altrove troviamo anche la Cerasuola e la Biancolilla. Il metodo di raccolta è prevalentemente manuale. L'olio viene ottenuto mediante sistemi di estrazione a ciclo continuo, con spremitura a freddo, che permettono di ottenere un prodotto di ottime qualità chimiche e organolettiche. L'olivicultura nella zona risale ai tempi delle dominazioni araba e spagnola. L'olio delle "Valli Trapanesi" ha ottenuto il marchio DOP.
La viticoltura trapanese è tra le più antiche della Sicilia, come testimoniano i vasi vinari risalenti all'VII – VI secolo a.C. ritrovati a Mozia.
Si dice che furono i Greci ad introdurre questa preziosa coltura presso i Romani, ma studi recenti hanno dimostrato che la vite, in realtà, era probabilmente conosciuta dai Sicani, popolazione autoctona siciliana, circa cinquemila anni fa.
Fu con lo sbarco dei primi Cretesi, nel XV secolo, e poi dei fenici che si insediarono nell'isola dal XII secolo che fu conosciuta la vite nella varietà domestica.
Ai Greci spetta sicuramente il merito di aver importato nuovi metodi di coltivazione e di produzione riuscendo ad ottenere vino corposi, densi di aromi e di elevato grado alcolico, esportati in tutto il mondo antico.
Vini di cui il Marsala è diretto discendente.
Il Mito del Marsala nato nel 1773 grazie ad un mercante inglese
Si deve a una intuizione di un inglese John Woodhouse, la nascita a Marsala, nel 1773, del vino dolce, omonimo della città, che per primo in Sicilia, nel 1969, ha ricevuto il riconoscimento della denominazione d’origine controllata (doc).
Woodhouse era un mercante di Liverpool impegnato nel commercio delle ceneri di soda, che nel 1773 navigava lungo le coste siciliane diretto a Mazara del Vallo.
La nave, però, non raggiunse mai il noto porto siciliano perché una tempesta la costrinse a una sosta imprevista nel porto di Marsala che a quell’epoca era caratterizzata dalla presenza di numerose osterie.
Ed è proprio in una di queste che a Woodhouse venne offerto il miglior vino qui prodotto, quello che i contadini riservavano alle grandi occasioni: il perpetuum.
Woodhouse ne rimase letteralmente affascinato e subito intuì che era perfetto per essere degustato nei raffinati salotti inglesi.
La preoccupazione era che il vino si potesse alterare durante il viaggio verso l’Inghilterra.
Così decise di aggiungere al perpetuum un po’ di acquavite da vino, e ne spedì le prime 50 pipe (botti con capienza di oltre 400 litri) a Liverpool con l’intenzione di testarne l’effetto.
È così che nacque il mitico Marsala, quello che l’ammiraglio Nelson definiva «degno della mensa di qualsiasi gentiluomo» e con il quale riforniva la sua flotta.
Il successo ottenuto dai Woodhouse richiamò a Marsala molti altri imprenditori inglesi: Corlett, Wood, Payne, Hoppes.
Tra questi, una citazione particolare la merita Benjamin Ingham che, a partire dal 1812, insieme al nipote Joseph Whitaker, investì molto per l’ammodernamento delle tecniche di produzione e per l’ampliamento delle esportazioni anche fuori dall’Europa.
Grazie a lui, infatti, il Marsala giunse in Brasile, nell’America del Nord e ancora oltre, fino all’Estremo Oriente e all’Australia.
Quella che fino ad allora era stata una modesta zona agricola si tramutò, in breve tempo, in un attivo centro industriale.
Nel 1832, fra lo stabilimento dei Woodhouse e quello degli Ingham si inserì il primo imprenditore italiano: Vincenzo Florio.
I Florio, ricca famiglia di industriali e armatori, non solo portarono il Marsala in ogni parte del mondo a bordo delle 99 navi della Compagnia Florio, ma regalarono alla città un volto nuovo e un’impronta da borghesia illuminata. Da allora le aziende vinicole a Marsala si sono moltiplicate. Nel 1900 se ne contavano circa 40.
Molte di esse sono ancora in attività e delle altre rimangono le tracce negli edifici e nei bagli sparsi per la città.
Nel vecchio baglio Carlo Alberto Anselmi ha attualmente sede il Museo Archeologico mentre gli stabilimenti dei Woodhouse, degli Ingham e dei Florio sono tuttora visibili percorrendo il Lungomare Boeo, appena fuori dal centro storico.
Il Marsala, oggi, è figlio delle cultivar Grillo, Catarratto, Grecanico, Inzolia e Damaschino, fra quelle a bacca bianca; di Pignatello Calabrese, Nerello Mascalese e Nero d’Avola, fra quelle a bacca rossa, con possibilità di aggiunta di alcol etilico o acquavite di vino e di mosto cotto, concentrato o fresco.
CITTA’ DEL VINO
Nell'economia marsalese il settore che assume il ruolo più rilevante è la viticultura.
Si considera che nell'agro marsalese la superficie vitata occupi l'80% dell'intera superficie agraria utilizzata.
I vitigni più comuni sono: Grillo, Catarratto, Gracanico, Inzolia, Trebbiano, Damaschino, Frappato.
Viene prodotto essenzialmente il Marsala, che è la D.O.C. riconosciuta per questa zona.
Le uve utilizzate per la produzione del Marsala sono: Grillo, Caarratto, Inzolia e Damaschino, fra quelle a bacca bianca; Pigantello calabrese, Nerello mascalese e Nero d' Avola, fra quelle a bacca rossa, con possibilità di aggiunta di alccol etilico o acquavite di vino e di mosto cotto, concentrato o fresco.
La coltivazione è quella tradizionale ad albarello, verticale, a potatura corta per consentire la massima penetrazione del sole.
Il Disciplinare del Marsala ne prevede cinque tipi in base alla durata dell' affinamento in botte.
Marsala Fine: Un anno di invecchiamento, alcool superiore a 17 gradi. Può essere ambra (con almeno 1% di mosto cotto), oro (senza aggiunta di mosto cotto) o rubino (con vino e mosti ottenuti da uve a bacca nera senza impego di mosti cotti).
Marsala Superiore: Due anni di invecchiamento in recipienti in legno, gradazione alcolica superiore a 18 gradi. Può essere ambra, oro o rubino. Profumo intenso e persistente. Gusto amabile e corposo.
Marsala Superiore Riserva: Quattro anni di invecchiamento in recipienti in legno, gradazione alcolica superiore a 18 gradi.
Marsala Vergine Soleras: Cinque anni di invecchiamento in recipienti di legno, vietato l' impiego di mosti cotti o concentrati; secchissimo, gradazione alcolica superiore a 18 gradi commercializzabile solo in bottiglia. Colore bruno carico, ma limpido, profumo e gusto pieni e avvolgenti.
Marsala Vergine Soleras Stravecchio, Marsala Vergine Soleras Riserva: Requisiti minimi come il Soleras e un invecchiamento di almeno dieci anni in contenitori in legno.
Il Marsala può essere secco (con zuccheri d'uva inferiori al 4%), semisecco (con zuccheri d'uva compresi tra il 4% e il 10% ) e dolce (con zuccheri d' uva superiori al 10%).
In tutta la Sicilia la natura del territorio si presta alla coltura della vite, favorita dal clima caldo umido con scarse precipitazioni.
Un clima che, specialmente nella parte sud occidentale, è ventilato dalle correnti calde africane e da quelle umide del Golfo del Leone.
La zona tipica della D.O.C. Marsala copre l'intero territorio della provincia di Trapani, eccetto i comuni di Alcamo, Favignana e Pantelleria; confini questi previsti dal Disciplinare di Produzione.
Questa zona è ideale per l' esposizione all' irraggiamento solare e per la ricchezza dei terreni, tanto da essere definita “Fascia del Sole”: culla del Marsala, del Moscato di Pantelleria e del Malvasia delle Lipari; un territorio aureo, capace di rendere le produzioni vitivinicole marsalesi tra le più famose al mondo.... |